LA NULLITÀ NEGLI ATTI DI COMPRAVENDITA

Il tema della nullità degli atti di compravendita per violazione delle norme in materia urbanistica è stato oggetto di svariate interpretazioni da parte dei giudici, condizionate principalmente dalla soluzione attribuita alla questione sulla natura “formale” o “sostanziale” della nullità. A dirimere la questione ci ha pensato la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza del 22 marzo 2019 n. 8230/2019.

1. NULLITÀ FORMALE E NULLITÀ SOSTANZIALE

2. L’EVOLUZIONE DELLA GIURISPRUDENZA

3. IL VERDETTO DELLE SEZIONI UNITE

4. RIFLESSIONI OPERATIVE

1. NULLITÀ FORMALE E NULLITÀ SOSTANZIALE

La nullità di un rogito ha implicazioni rilevanti che comportano l’annullamento degli effetti di un negozio giuridico con conseguenti azioni ripristinanti lo status anteriore all’atto. Più semplicemente la nullità comporta l’annullamento di una certa azione e nel qual caso la proprietà di un’immobile ritorna al precedente venditore. Inoltre, il secondo aspetto che riguarda la nullità è il non trascurabile rischio che questa azione non possa essere prescritta mai.

La teoria della nullità formale riconosce esclusiva rilevanza al solo requisito formale.
In sostanza l’atto rimane valido per il solo fatto che vi sia stato menzionato il provvedimento autorizzativo o perchè contenente la dichiarazione di costruzione ante 1 settembre 1967, anche nel caso tale menzione non fosse veritiera.

La teoria della nullità sostanziale, invece, riconosce alla normativa la funzione di repressione e disincentivazione dell’abusivismo edilizio in generale e per questo non ritiene sufficiente per il perfezionamento dell’atto la semplice menzione del titolo autorizzativo, dovendo altresì sussisterne anche la conformità urbanistica. In presenza del solo requisito formale l’atto deve ritenersi quindi nullo.

2. L’EVOLUZIONE DELLA GIURISPRUDENZA

Fin dalle prime sentenze, per la Cassazione rilevava, ai fini della validità dell’atto, solo il requisito formale, a prescindere dall’effettiva regolarità dell’immobile. Il difetto di regolarità sostanziale sotto il profilo urbanistico trovava solo rimedio nella disciplina dell’inadempimento contrattuale.

Per la Cassazione, pertanto, la nullità prevista dal T.U. dell’edilizia D.P.R. 380/2001 e dalla legge 47/’85 sanzionava solo la violazione di un obbligo formale, imposto al venditore al fine di porre l’acquirente nella condizione di conoscere le condizioni dell’immobile acquistato e poter effettuare controlli sulla sua regolarità urbanistica.

Con la sentenza n. 23591 del 17 ottobre 2013 la Cassazione sancisce un cambio di rotta, affermando che la non perfetta formulazione della legge (art. 40 della legge 47/1985) consente di sostenere che dalla stessa sia desumibile un principio di nullità generale degli atti di trasferimento di immobili non in regola con la normativa urbanistica.
Orientamento successivamente confermato dalla Cassazione attraverso diverse sentenze, come per esempio la n. 28194 del 17 dicembre 2013 o la 25811 del 5 dicembre 2014.

Tuttavia l’ultimo orientamento non ha convinto tutti i giudici della Suprema Corte, tant’è che la Seconda Sezione Civile della Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria 20061/18 del 9 gennaio 2018, ha osservato che l’orientamento inaugurato dalla sentenza 23591/13 avrebbe meritato una riconsiderazione da parte delle Sezioni Unite, al fine della composizione del rilevato contrasto diacronico sulla natura della nullità urbanistica. Secondo tale orientamento la tesi della nullità sostanziale potrebbe apportare notevoli complicazioni nella prassi applicativa (non ultima la necessità di recuperare il prezzo versato al venditore), pregiudicando in modo significativo gli interessi di parte acquirente.

3. IL VERDETTO DELLE SEZIONI UNITE

Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione hanno riconosciuto, con la sentenza n. 8230/2019 del 22 marzo 2019, il contrasto giurisprudenziale sollevato dalla Seconda Sezione Civile della Cassazione, riguardante la natura della nullità per violazione della disciplina urbanistica.
Dopo aver analizzato i contrastanti orientamenti e aver riconosciuto alla teoria della nullità “sostanziale” un commendevole disvalore verso l’abusivismo, i Giudici hanno sottolineato come occorra “…attribuire alla legge il senso fatto palese del significato proprio delle parole secondo la loro connessione”.

Concludendo, un atto soggetto alla dichiarazione di regolarità urbanistica non può essere dichiarato nullo qualora riporti il riferimento ad un titolo edilizio relativo all’immobile in oggetto, a prescindere dalla sua reale conformità o difformità.

4. RIFLESSIONI OPERATIVE

Gli aspetti positivi di questa sentenza sono limitati alla sfera del mondo giuridico, andando a tutelare in primis la categoria dei notai, molte volte costretti a rogare anche in presenza di situazioni fosche, assumendosi il rischio di una declaratoria di nullità.

Ciò detto, non può non sollevare dubbi che la Suprema Corte richieda come requisiti la dichiarazione urbanistica, l’esistenza e la riferibilità del titolo edilizio all’immobile, a prescindere dalla sua reale conformità. Tale orientamento, se non limitato, potrebbe favorire il commercio consapevole di immobili abusivi.

Inoltre, occorre tenere presente, e su questo non vi sono dubbi, che nel caso l’immobile acquistato con regolare rogito fosse viziato da abusi edilizi di cui non si era a conoscenza, si ha comunque diritto alla risoluzione del contratto o ad un risarcimento per il danno subito, se lo si riesce a provare.
Infatti, chi si impegna a vendere un immobile, deve garantire al promissario acquirente il pieno godimento dell’immobile e non è facile dopo aver ricevuto un ordinanza di demolizione riferita ad una parte o nel peggiore dei casi a tutto l’immobile.

Per non rischiare di dover sostenere un procedimento civilistico, amministrativo o penale è sempre buona norma, prima della sottoscrizione del contratto preliminare di compravendita, dotare l’immobile da alienare del certificato di conformità urbanistica ed eventualmente, laddove ve ne fosse l’esigenza e la possibilità, procedere con la regolarizzazione degli abusi edilizi.


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6 Comments

  • Fabio

    Nella firma della proposta di acquisto, l’agenzia immobiliare in un documento a parte scrive quanto segue:

    I proponenti dichiarano consapevolmente sin da ora di manlevare la venditrice da qualsivoglia
    responsabilit  in merito alla suddetta difformit , anche in sede di eventuale futuro rogito, della
    quale dichiarano espressamente di essere stati debitamente resi edotti.

    È vero che siamo a conoscenza di questa difformità, se la banca non accetta il mutuo la proprietaria dovrà ripristinare il pergolato come da progetto. Ma come clausola, è valida?

    • CASAinREGOLA

      Buongiorno Fabio,
      data la natura stessa del blog evitiamo di fornire precise risposte di carattere prettamente civilistico, che necessiterebbero dello scrupoloso esame di ogni piccolo dettaglio.
      Ad oggi, un abuso edilizio, in buona parte dei casi, non porta alla nullità dell’atto di compravendita. In questo caso non potrebbe neanche sostenere di non essere stato a conoscenza dell’abuso. Diciamo che, mi passi il termine, “ora la palla passa a lei”: potrebbe accettare, magari chiedendo uno sconto nel prezzo, oppure potrebbe non firmare; sappia comunque che accettando sarà sempre chiamato, in futuro, a rispondere dell’abuso edilizio.

      • fabio

        grazie per la risposta.
        Si tratta di una piccola difformità si. ma in che senso “rispondere dell’abuso edilizio”? pagare eventuali multe? Quali sono le casistiche

        • CASAinREGOLA

          Buongiorno Fabio,
          per esempio il pergolato potrebbe non rispettare le distanze dai confini o potrebbe togliere la “vista” al vicino, il quale stufo potrebbe recarsi in Comune chiedendo che siano fatti accertamenti; di norma sarebbe chiamato a ripristinare lo stato dei luoghi antecedente l’abuso.

  • gennaro LEVA

    Ho acquistato tempo fà un appartamento posto al piano seminterrato di un edificio. Tale edeificio costruito in seguito a una licenza edilizia x albergo si trasformo’ x civili abitazioni senza alcuna autorizzazione ed ancora oggi persiste tale irregolarità. Aggiungo che il mio appartamento (piano terra) sorge su un solaio non presente nella citata licenza .Ora secondo la Cassazione 2019 poichè nel mio rogito fu indicato gli estremi della licenza
    posso richiedere “l annullamento” del rogito : La costruzione di un piano ,non presente nei grafici del relativo fabbricato, è da considerarsi una costruzione fatta in maniera difforme alla licenza?
    Grazie

    • CASAinREGOLA

      Buongiorno Gennaro,
      la costruzione di un piano non presente nella Licenza Edilizia concreta certamente un abusivo edilizio e un aumento volumetrico che potrebbe essere insanabile, lasciando solo spazio alla c.d. fiscalizzazione dell’abuso (non è una sanatoria).

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